dioPluto

da Aristofane

dioPluto
scritto diretto e interpretato da Jurij Ferrini


regia di Jurij Ferrini

Pluto / Francesco Gargiulo
Cremilo / Jurij Ferrini
Carione / Federico Palumeri
La Povertà / Rebecca Rossetti
Ficcanappia / Andrea Peron


scene e costumi Paola Caterina D’Arienzo
luci e suono Gian Andrea Francescutti
assistente alla regia Erica Landolfi
foto di scena Stefano Roggero

organizzazione e promozione Chiara Attorre
produzione esecutiva Wilma Sciutto
responsabile tecnico Gian Andrea Francescutti


UNA PRODUZIONE PROGETTO U.R.T. CON IL SOSTEGNO DI REGIONE PIEMONTE

Mi è stato chiesto più volte se il titolo di questo spettacolo, una personale riscrittura del Pluto di Aristofane, non possa essere scambiato per una bestemmia. In realtà la bestemmia non sta proprio nel titolo: il dio di cui si parla è il singolare di uno dei numerosi dèi della religione politeista della Grecia antica; quindi il Dio della chiesa cattolica è al sicuro. Però una bestemmia c’è e consiste nel comportamento degli uomini che 2.400 anni fa, come oggi, idolatrano il denaro, la ricchezza e sono pronti a qualsiasi scelleratezza per ottenere guadagni facili.

Il tema centrale di questa spassosa commedia è l’equa distribuzione della ricchezza che i protagonisti cercano di ottenere ridando la vista a Pluto, il dio cieco della ricchezza, appunto; ostacolati dalla Povertà in persona che cerca di far capire loro l’importanza della sua stessa esistenza nel mondo, attraverso una divertente ma sagace disputa filosofica, i protagonisti riusciranno comunque nel loro intento; il risultato sarà però quello di capovolgere semplicemente le ingiustizie del mondo e le conseguenti sofferenze.
Le scoperte tecnologiche dell’umanità modificano sostanzialmente e sempre più rapidamente il nostro mondo invece l’evoluzione emotiva procede a rilento e segue le vie dell’evoluzione naturale. Emotivamente siamo quindi molto più lenti a creare delle profonde modificazioni di noi stessi: abbiamo paura o desiderio più o meno sempre delle stesse cose da migliaia di anni.

Aristofane – com’era nel suo stile – scrisse una feroce, scurrile e divertentissima satira, punzecchiando senza alcun riguardo uomini, teatranti e divinità della sua epoca. Nella stesura di questo copione mi sono per lo più limitato a trovare delle giocose equivalenze sulla società che ci circonda, così profondamente cambiata in oltre due millenni di storia. Ho scelto di suggerire l’ambientazione scenica in una sorta di Medio-Oriente senza tempo, un immaginario di povertà paradossalmente più vicino alla nostra contemporaneità; terre che comunque 50 anni dopo la morte di Aristofane, sarebbero state conquistate da Alessandro Magno e sarebbero state annesse alla Grecia.

Una volta chiesi ad un docente di economia, un brillante professore universitario, quale fosse la miglior moneta per un popolo. Lui dopo un attimo di esitazione mi disse “sai qual è la verità? Che forse noi economisti non conosciamo neppure il 20% dell’economia; non abbiamo grandi soluzioni da proporre: sappiamo meglio cosa non ha funzionato in passato”. Questo suo momento di grande onestà mi ha spinto a volermi occupare di economia, ovviamente dalla mia piccola prospettiva umanistica. In questo caso ho voluto trattare di economia, con una commedia graffiante, grottesca e pungente…una commedia in puro stile “aristofaneo”. Scritta per divertire e schiaffeggiare ogni perbenismo, per irriverire ogni potere costituito, per porre a noi stessi una domanda: quanto siamo avidi?
Quindi, nel partecipare a questo spettacolo, non ci sarà da scandalizzarsi delle parole; semmai mi auguro ci si possa scandalizzare della nostra “divinizzazione” del denaro e di chi lo crea, lo gestisce e determina la vita economica delle persone.

Jurij Ferrini